mercoledì 12 marzo 2014

Čelomej: l'eterno secondo del programma spaziale sovietico


Chelomey, ingegnere capo dell'OKB-52.
È poco noto, ma l'URSS, il paese dell'apparato economico a pianificazione centralizzata, non aveva niente di paragonabile alla NASA. Il paese dell'economia di piano non aveva un ente centrale per gestire il programma spaziale. Non c'era nemmeno un vero e proprio programma spaziale: l'ingegnere capo dell'ufficio OKB-1, Korolev, presentava al governo le sue proposte. Queste venivano accettate o respinte. Il tutto aveva un andamento rapsodico, influenzato dai capricci della politica, dalle pretese dei militari, dalle manovre degli altri uffici tecnici impegnati nella progettazione di missili.

Tra questi uffici vi era quello di Vladimir Nikolaevič Čelomej (1914-1984). A lui e ai suoi progetti è dedicato questo post: è un'occasione per osservare le imprese spaziali sovietiche da un'angolatura insolita, quella di un progettista ambizioso, talentuoso, ciclicamente sconfitto, creatore di mezzi ancora oggi apprezzati in tutto il mondo.



Salite e discese per uno studente brillante


Nel 1932 Čelomej ottenne di frequentare il Politecnico di Kiev: si distinse subito per le sue doti e in pochi anni diede alle stampe numerose pubblicazioni scientifiche. Nel 1941 era già a capo di un dipartimento presso lo TsIAM, un istituto di meccanica dei motori. Nel 1942, indipendentemente dai progettisti tedeschi, inventò il pulsoreattore. Quando i Britannici catturarono una V1 intatta, nel 1944, Čelomej fu invitato a studiare la preda bellica per poterla riprodurre in Unione Sovietica: ne nascerà il 10Kh, arma puramente sperimentale, inutile sul piano bellico, ma di grande importanza per l'esperienza che i progettisti sovietici acquisiranno da essa.

Nel dopoguerra continuò a lavorare, a capo dell'OKB-51, ai missili da crociera. Ma Mikojan, ingegnere capo dell'ufficio tecnico MiG, che desiderava estendere la sua attività proprio ai missili da crociera, soffiò a Čelomej le commesse statali e gli impianti produttivi. Per farlo si avvalse di un potente appoggio politico: aveva fra i suoi collaboratori il figlio di Lavrentij Berija. L'OKB-51, ormai inattivo, venne sciolto; Čelomej trovò lavoro come docente universitario.

10Kh, copia della V1 tedesca.
Il missile 10Kh, copia della V1 tedesca: primo
missile da crociera dell'Unione Sovietica.
Morto Stalin, nel marzo del '53, tutte le carte vennero rimescolate. Berija finì in breve tempo di fronte al plotone d'esecuzione. Čelomej ricostruì la sua squadra sotto la denominazione di OKB-52. Per premunirsi da futuri problemi - aveva mangiato la foglia - assunse il figlio di Nikita Chruščёv, Sergej.

Questa volta Čelomej dimostrò da subito di non volersi limitare ai missili da crociera e cominciò a progettare un'ambiziosa serie di missili balistici denominata UR, sigla che sta per razzo universale. Nelle intenzioni di Čelomej questi vettori dovevano servire per svolgere un'ampia gamma di compiti: dal trasporto delle armi nucleari al lancio di carichi nello spazio. Il primo ad entrare in servizio, nel 1966, fu l'UR-100, un grande successo: pronto al lancio in tre minuti, fu l'arma balistica più prodotta dall'URSS, il primo passo che le permise la parità strategica con gli Stati Uniti.

L'intera serie è influenzata dall'impostazione iniziale. In particolare questa è evidente nei carburanti utilizzati: dimetilidrazina asimmetrica come combustibile e un acido di azoto come ossidante. Si tratta di sostanze tossiche e corrosive: il personale di rifornimento è obbligato a indossare le tute per la guerra chimica. Sono però due carburanti ipergolici, cioè prendono fuoco per contatto e non necessitano di un sistema di accensione: basta aprire le valvole per avviare il missile. Inoltre sia le idrazine che gli acidi di azoto sono liquidi a temperatura ambiente e questo evita l'installazione di pesanti e complessi sistemi di raffreddamento - necessari invece quando si lavora con motori che usano per ossidante l'ossigeno liquido. Il missile, già rifornito, può essere tenuto nel suo silo, pronto per la partenza: perfetto per l'ultima guerra della razza umana, un po' meno per i lanci spaziali.



Il sogno lunare di Čelomej


Čelomej, con il sostegno di Chruščёv, portò sotto il suo controllo un gran numero di fabbriche di missili e di aeroplani, costituendo il maggiore "impero" industriale del suo campo per molti anni. Nell'ambiente della missilistica si diceva - scherzando, ma non troppo - che alla fine avrebbero chiuso il teatro Bol'šoj e ne avrebbero fatto il bordello di Čelomej: facili le ironie sul destino delle ballerine di fila.

All'inizio degli anni '60 il nostro controllava una tale potenza in termini industriali e progettistici da insidiare la posizione di predominio dell'OKB-1 e del suo iroso chief designer, Sergej Korolëv. Čelomej cominciava a proporre suoi progetti e sue soluzioni. L'emergenza della sfida lunare lanciata dagli Americani gli fornì l'occasione per mettersi in gioco. Ne conseguì una "guerra civile" nella missilistica sovietica. Da questo scontro uscì sconfitto Michail Kuz'mič Jangel', dell'OKB-586, che vide bocciato il suo vettore R-56.

Il vettore UR-500 Proton viene portato sulla rampa.
Un UR-500 viene portato sulla rampa di lancio.
Korolëv e Čelomej la ebbero vinta entrambi, quindi ognuno perse qualcosa. A perderci di più fu il programma spaziale, che vide ulteriormente ridotta la sua coerenza e inutilmente frazionate le sue risorse. Il governo approvò due programmi: a Čelomej affidò il programma di volo circumlunare (vettore UR-500 con capsula LK-1), a Korolëv quello di allunaggio (con vettore N1 e navicelle L3). Alla destituzione di Chruščёv la suddivisione fu rivista e il programma LK-1 - in forte ritardo - venne chiuso: saggia decisione, seppure insufficiente.

Continuò invece lo sviluppo dell'UR-500: sarebbe servito per un altro programma circumlunare, detto L1 (più noto come Zond), affidato all'OKB-1. In sostanza doveva spedire due cosmonauti a fare un giro intorno alla Luna su una capsula Sojuz alleggerita e semplificata. Le difficoltà dell'UR-500, che all'inizio della sua carriera era molto inaffidabile, furono la principale causa del fallimento del programma: le Zond compiranno il volo circumlunare in automatico e riusciranno a tornare a terra, ma il lancio con i cosmonauti verrà considerato eccessivamente rischioso e mai approvato.

Ma, visti i problemi e i rallentamenti del programma N1, Čelomej riuscì a ritagliarsi un nuovo spazio con un suo progetto per l'allunaggio. L'idea era quella di un nuovo vettore, basato sulle stesse tecnologie e gli stessi carburanti dell'UR-500, così da usare molti materiali già rodati o in fase di rodaggio. Il missile, denominato UR-700, sarebbe stato capace di erogare una spinta che avrebbe umiliato i progettisti di Korolev quanto quelli di Von Braun, almeno sulla carta. Il mostro (4.823 tonnellate, 76 metri d'altezza per 17,6 di diametro) avrebbe permesso un particolare profilo di missione, detto ascesa diretta, per una capsula di navigazione e atterraggio - LK-700, sempre progetto dell'OKB-52 - adatta per due cosmonauti.

L'UR-700 di Čelomej presentava degli importanti vantaggi sulle altre proposte:
  • vettore con struttura a cluster, cioè grappolo, con primo stadio che si accende insieme al secondo, ben sperimentata in ambito sovietico;
  • motori alimentati da carburanti ipergolici e non criogenici, con conseguente alleggerimento del vettore;
  • profilo di missione ad ascesa diretta, senza attracchi nello spazio e altre complicazioni di questo genere;
  • possibilità di atterrare su quasi tutta la superficie lunare.

Contro l'UR-700 stavano i cattivi risultati ottenuti inizialmente dal fratello più piccolo UR-500 e soprattutto i carburanti. Spinto dai nuovi motori che Gluško andava progettando, gli RD-270, l'UR-700 avrebbe usato dimetilidrazina asimmetrica e ipoazotide: carburanti corrosivi e velenosi. L'idrazina per di più è fortemente cancerogena. In poche parole l'UR-700 conteneva una gigantesca bomba chimica nei suoi serbatoi.



Altri obiettivi per l'UR-700


Il vettore UR-700, alternativa al programma lunare N1-L3 di Korolev.
UR-700: in verde i serbatoi dell'ipoazotide,
in arancione quelli della dimetilidrazina asimmetrica.
Né Korolëv né il suo successore Mišin riuscirono a far chiudere il programma UR-700: il progetto di Čelomej ciclicamente riemerse durante la storia del programma lunare sovietico, approfittando di difficoltà degli avversari e di allineamenti politici favorevoli. Si riuscì a mettergli fine solo quando si capì che era impossibile battere sul tempo la NASA.

La passione per le bombe chimiche non lo abbandonò mai. Tracciò gli schemi preparatori per un altro vettore, UR-900, adatto a rispondere al successo lunare degli Americani con un colpo propagandistico senza precedenti: i cosmonauti su Marte. Il progetto non andò avanti. I costi preventivati erano spaventosi, e i carburanti ipergolici cominciavano a far paura.

Čelomej protestò con forza e con argomenti tecnici di un certo peso. Presentò ai ministri competenti gli studi per una variante dell'UR-700, UR-700M, ancora più potente della prima, ma più sicura, perché scelse di alimentarla con cherosene, idrogeno e ossigeno liquidi. Questa volta il rifiuto del progetto marziano fu dettato dai costi della missione, semplicemente incredibili. Il Politburo e l'ambiente tecnocratico erano dell'opinione che si potesse continuare la competizione spaziale in modo meno dispendioso, per esempio con le stazioni orbitali.

Boris Čertok, progettista di sistemi di controllo già citato su questo blog, nelle sue memorie (Rockets and People) racconta di aver parlato, anni dopo, con Čelomej di quel nuovo mostro a idrazina e di avergli detto: "Vladimir Nikolaevič, ma se questo tuo missile fosse esploso sulla rampa, avrebbe reso il cosmodromo inabitabile per diciotto, vent'anni!" Čelomej rispose che non era il caso di preoccuparsi, perché i motori di Gluško erano affidabilissimi. Non tutti condividevano il suo ottimismo.



Stazioni, missili e un incidente d'auto


Fu proprio nel campo delle stazioni orbitali che Čelomej ottenne i suoi maggiori e più duraturi successi, sconosciuti ai più. Il laboratorio orbitale Saljut e la stazione militare Almaz (denominata anch'essa Saljut per esigenze di segretezza) sono infatti un progetto in buona parte sviluppato dal suo ufficio. Tutti venivano portati in orbita dall'UR-500, oggi noto come Proton, che nel frattempo era diventato uno dei missili più affidabili dell'arsenale sovietico. Dei sette moduli che composero la successiva stazione permanente Mir solo uno non è un derivato di quelli dell'Almaz; anche sulla ISS, attualmente in orbita, vi sono elementi che riprendono i disegni di Čelomej.

Saljut 7, l'ultimo laboratorio orbitale della serie DOS.
L'ultima della serie: Saljut 7.
Programmi e disegni spaziali però non erano nel destino di Čelomej. Nemico di Ustinov, ministro della difesa dal 1976, quando il nuovo "capo" del programma spaziale, Gluško, deciderà di accentrare i progetti nelle sue mani e di chiudere quelli non necessari, Čelomej si troverà disarmato. Ne conseguì l'estromissione dallo spazio e la fine del grande impero industriale: gli rimasero solo i missili da crociera per la Marina militare.

All'inizio di dicembre del 1984 Čelomej subì un curioso incidente. Si trovava nella sua villetta in campagna e si apprestava a fare un giro con la sua Mercedes (evidentemente a Vladimir Nikolaevič piacevano le belle macchine). Fermò l'auto di fronte al cancello e scese, lasciandola in moto, per aprire. Forse dimenticò di tirare il freno a mano perché l'auto si mosse...

Il vecchio Čelomej, in ottima salute nei suoi settant'anni, si trovò così ricoverato in ospedale con una gamba fratturata. Gli giunse la notizia che anche Ustinov era in ospedale, paralizzato dopo un devastante infarto: Čelomej cominciò a sognare di riprendere un posto nel programma spaziale. Sogni prematuri. L'8 di dicembre sua moglie telefonò all'ospedale: poco prima, disse, era al telefono con il marito. Lui all'improvviso aveva smesso di parlare, non aveva più risposto. Il medico di guardia si precipitò nella stanza e non poté far altro che constatare il decesso: un infarto aveva portato via il talentuoso eterno secondo.


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Qualche link per chi volesse altro materiale:

3 commenti:

  1. Bellissimo post, con diverse cose che non conoscevo, anche perché non sono mai riuscito ad arrivare alla fine di "Rockets and people" :-)

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    1. Ti ringrazio, Simone! "Rockets and people" a volte è una prova di forza :D ma è una miniera, mi ha sempre ripagato la fatica di leggere le parti più noiose.

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