mercoledì 3 giugno 2015

Lunochod 2: il secondo rover lunare


Nel mese di gennaio del 1973 il programma spaziale sovietico proseguì l'esplorazione dello spazio con un nuovo veicolo lunare inviando tramite la missione Luna 21 il Lunochod 2 sulla superficie del nostro satellite.

A seguito del fortunato servizio del primo Lunochod i Sovietici avevano infatti deciso di ritentare l'impresa due anni più tardi con la progettazione di un veicolo lunare più pesante e più sofisticato di quello che nel 1970 aveva svolto brillantemente l'esplorazione nel Mare Imbrium.


In seguito ad un perfetto allunaggio, nel corso di 4 mesi e mezzo il secondo Lunochod percorse complessivamente 37 chilometri sulla superficie della Luna nell'area del cratere Le Monnier.



La missione


Luna 21 fu lanciata con successo dal cosmodromo di Baikonur l'8 di gennaio del 1973.

Dopo essere stato collocato in un'orbita terrestre di parcheggio, lo stadio translunare del veicolo spinse la sonda verso la Luna per inserirsi nella sua orbita tre giorni dopo.

Nel periodo seguente, l'orbita venne progressivamente abbassata fino a che, a 16 chilometri dal suolo, il 15 gennaio la sonda iniziò una caduta libera frenata a 750 metri dai razzi principali e a 22 metri da quelli secondari che rallentarono la corsa fino a che il lander non rilasciò sul suolo lunare il veicolo di allunaggio: una manovra pressoché perfetta.

Il sito di allunaggio sul lato visibile della Luna corrisponde al cratere Le Monnier, situato sul bordo orientale del Mare Serenitatis. Il Lunochod 2 sarebbe stato pronto ad entrare in azione circa tre ore dopo l'arrivo sulla superficie selenica.

Appena attivato, il veicolo iniziò a riprendere le immagini della zona circostante e, una volta ribaltate le rampe, discese sul suolo trasmettendo a terra l'immagine della base di allunaggio.

Nel momento successivo all'allunaggio non vi fu tempo per incominciare subito l'esplorazione in quanto il veicolo non aveva ancora l'energia necessaria per poter svolgere le operazioni di spostamento. Dopo aver ricaricato le batterie interne grazie ai suoi pannelli solari, il 18 febbraio il Lunochod 2 divenne pienamente operativo per iniziare il tragitto all'interno del cratere.

Come nel caso del Lunochod precedente, per salvaguardare le apparecchiature i tecnici sovietici avevano dotato il veicolo di un isotopo radioattivo al Polonio 210. In aggiunta, per evitare che i lubrificanti dei motori delle ruote gelassero durante la fredda notte lunare e creassero problemi di mobilità come era successo al primo modello, i motori erano stati tenuti riscaldati anche dopo l'attività giornaliera.

Il Lunochod 2 non era equipaggiato per campionare direttamente il suolo durante il percorso, compiva invece delle soste per ispezionare da vicino le rocce più inusuali e altre caratteristiche del terreno.

Il veicolo era teleguidato da terra da una squadra di cinque tecnici composta da un comandante, un pilota, un motorista, un navigatore e un operatore radio.

Ugualmente alla missione di Lunochod 1, la guida del veicolo fu piuttosto complicata in quanto le immagini giungevano sulla console di controllo con 2,6 secondi di ritardo (a causa del lungo viaggio di andata e ritorno dei segnali tra la Terra e la Luna), costringendo così gli operatori a compiere le manovre in anticipo.

Le immagini riprese dalla telecamera avevano un campo ridotto e dovevano essere rielaborate per permettere una visibilità a 180 gradi. Partendo dall'estremo lato del Mare Serenitatis fino alle Montagne Taurus, durante la missione il Lunochod 2 trasmise 80.000 immagini televisive e 86 panoramiche.



Il destino di Lunochod 2



Il Lunochod 2 si dovette muovere su un terreno molto accidentato lungo un crepaccio largo quasi 400 metri e profondo dai 30 ai 49. Durante il viaggio vi fustato il rischio di scontro con lo stadio di discesa da cui era sbarcato, ma i piloti lo fermarono giusto in tempo a 4 metri dall'ostacolo.

Per fronteggiare questo tipo di pericoli il veicolo era stato dotato di sensori di pendenza grazie a i quali i comandi automatici sarebbero entrati in funzione se l'inclinazione fosse diventata troppo forte, bypassando gli ordini dei piloti terrestri.

Nonostante queste precauzioni, dopo quasi 5 giorni lunari il Lunochod incappò in un inconveniente che aveva inevitabilmente decretato il termine della missione.

Il 9 maggio 1973,slittò inavvertitamente dentro un cratere, i pannelli solari e il radiatore dell'energia termica del veicolo si coprirono di polvere e surriscaldarono gli strumenti.

I tecnici a terra inutilmente tentarono di ripristinare il veicolo ma senza più alcuna speranza; il Lunochod 2 fu dichiarato irrecuperabile e il 4 giugno dello stesso anno l'agenzia di stampa sovietica annunciò la fine della missione.

Le autorità preferirono dichiarare che il programma Lunochod era stato completato piuttosto che divulgare e confermare per intero l'inconveniente della missione.

Tra gennaio e febbraio del 1973, quando il Lunochod era ancora attivo, durante una conferenza tenuta a Mosca in merito all'esplorazione lunare, i Sovietici rivelarono che precedentemente uno scienziato americano aveva fornito ad un ingegnere sovietico in carica per la missione Lunochod 2  le fotografie del sito lunare su cui Luna 21 aveva effettuato l'allunaggio. Le stesse immagini erano state utilizzate dalla squadra di controllo per orientarsi e dirigere il veicolo sulla superficie lunare.

Il Lunochod 2 è oggi proprietà dell'astronauta-turista Richard Garriott, sviluppatore di videogiochi e conosciuto per aver visitato la stazione Spaziale Internazionale nel 2008 con la missione Sojuz TMA-13.

Garriott è divenuto proprietario del veicolo lunare acquistandolo per una somma di 68.000 dollari ad un'asta tenutasi a New York nel 1993.

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Fonti

Bedini Daniele, Breve storia della conquista dello spazio, Milano: Bompiani, 1998.
Bianucci Piero, La luna: tradizioni, scienza, futuro, Firenze: Giunti, 1988.
Braccesi Alessandro, Caprara Giovanni, Hack Margherita, Alla scoperta del sistema solare, Milano: Arnoldo Mondadori, 2000.
Caprara Giovanni, In viaggio tra le stelle: storie, avventure e scoperte nello spazio, Milano: Boroli, 2005.
Cavina Stefano, Apollo, la sfida della Luna, Serravalle: AIEP, 2011.
Dyer Alan, Missione Luna, Milano: Touring, 2009.
Gatland Kenneth W., Esplorazione dello spazio: tecnologia dell’astronautica, Novara: Istituto Geografico DeAgostini, 1983.
http://www.nytimes.com/2010/03/31/science/space/31moon.html?ref=science&_r=0

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